POST- MADE IN ITALY.
Nuovi significati, nuove sfide nella società globale.
Edizioni Altravista
Siamo arrivati nell’era del “Post-Made in Italy.” Vuol dire quindi che il Made in Italy non esiste oppure che non ha più senso? No, non è questo il tema, ma al tempo stesso il titolo del libro non è neanche una provocazione che intende attirare sguardi disattenti.
Piuttosto, si tratta di comprendere il contesto socio-culturale nel quale il fenomeno del Made in Italy si pone. A partire da questi cambiamenti e dalla difficoltà di capire, citando il sociologo Bauman, come cambia il cambiamento, il testo tenta una ricostruzione delle trasformazioni del Made in Italy enumerate secondo le tipologie informatiche: 1.0, 2.0, 3.0 e 4.0.
In particolare modo ci si sofferma sui primi tre paradigmi, gettando solo qualche intuizione sul quarto.
L’assunto di partenza è che il Made in Italy sia tutto quello che è prodotto in Italia. E questo ci può andare bene se effettivamente tutti i prodotti hanno la filiera produttiva in Italia. Ma spesso non è così. Essi sono, piuttosto, la conseguenza delle global supply chains. I prodotti subiscono trasformazioni, assemblaggi, progettazioni in varie parti del mondo ed è sempre più difficile comprendere una vera origine.
È per questi che pensiamo che non tutti i prodotti Made in Italy siano fatti in Italy, altri lo sono ma non sono fatti da italiani. Altri sono frode ma non tutto lo è. Insomma, i confini diventano labili.
E se tutto non è così chiaro come pensavamo è perché siamo entrati, lo ribadiamo, nell’era del “Post-made in Italy”.
